Un recente studio rivela che a livello genetico stiamo ancora evolvendo. Un gruppo di Ricercatori, coordinato dalla genetista irlandese e Professoressa nel Molecular Evolution Laboratory dello Smurfit Institute of Genetics, la Dott.sa Aoife McLysaght e dal ricercatore e bioinformatico greco, Nikolaos Vakirlis, hanno infatti confermato di aver trovato 155 “nuovi” geni all’interno del nostro DNA.
Per comprendere questa affermazione dobbiamo partire dal genoma umano, ossia la sequenza completa di nucleotidi che compone il patrimonio genetico dell’Homo sapiens, che include il DNA nucleare e il DNA mitocondriale, tanto enorme quanto complesso ed il cosiddetto “DNA spazzatura”, cioè quella frazione di DNA che sembrava non codificare nulla di importante poiché non contenente le istruzioni di cui il nostro organismo ha bisogno per costruire molecole funzionali. Al contrario ad oggi la ricerca suggerisce che il “DNA spazzatura” non sia in realtà inutile, ma anzi che si tratti di un tesoro che ha dato origine a centinaia di piccoli geni essenziali, che codificano microproteine nel nostro genoma.
Ed è proprio da qui che i ricercatori del Centro di Ricerca sulle Scienze Biomediche (BSRC Flemming) in Grecia e del Trinity College di Dublino in Irlanda, analizzando queste microscopiche sezioni non codificanti del DNA hanno infatti identificato 155 geni nel genoma umano che, curiosamente, sembrano emersi da zero.
Si tratta di un risultato sorprendente perché se è vero che esistono diversi modi per far nascere i nostri nuovi geni, in genere tramite duplicazione, cioè partendo da repliche di geni preesistenti che evolvono funzioni diverse nel tempo, questi 155 geni sono apparsi de novo e potrebbero svolgere compiti di vitale importanza per l’uomo e la sua evoluzione. Questi “nuovi” geni sono risalenti alla scissione tra uomo e scimpanzé, e dimostrano come gli esseri umani abbiano continuato a evolversi e a sviluppare nuovi geni funzionali nel corso degli anni, ma, a differenza delle loro controparti, questi geni appena scoperti non hanno antenati e risultano generati completamente da zero nel corso dell’evoluzione.
Non sappiamo molto sulle funzioni di questi 155 geni ma secondo i ricercatori, quarantaquattro di questi sono associati a difetti di crescita nelle colture cellulari mentre altri tre di questi hanno marcatori del DNA associati a malattie che hanno legami con disturbi come la distrofia muscolare, la retinite pigmentosa e la sindrome di Alazami. Inoltre, gli scienziati hanno trovato un nuovo gene associato al tessuto cardiaco umano. Questo gene in particolare sarebbe emerso rapidamente negli esseri umani e negli scimpanzé dopo la loro divergenza dai gorilla e ciò potrebbe rappresentare un esempio di come un gene possa evolversi rapidamente e diventare molto importante per l’organismo.
Secondo N. Vakirlis:“Sarà molto interessante, negli studi futuri, capire cosa potrebbero fare questi microgeni e se potrebbero essere direttamente coinvolti in qualche tipo di malattia” e la collega A. McLysaght è dello stesso parere, ritiene che un giorno questi geni saranno al centro degli studi genetici: “Questi geni sono comodi da ignorare perché sono così difficili da studiare, ma credo che verrà sempre più riconosciuto che devono essere esaminati e considerati…Se abbiamo ragione su ciò che pensiamo di avere qui, ci sono molte altre cose funzionalmente rilevanti nascoste nel genoma umano”. In definitiva, secondo gli autori dello studio De novo birth of functional microproteins in the human lineage: Cell Reports, scoprire le funzioni di tutti questi “nuovi” geni ci aiuterà a capire cos’altro nasconde il genoma umano.
Pur essendo estremamente complessa, la ricerca genetica si rivela sempre più importante quando si cerca di conoscere la storia umana e per salvaguardare la salute generale, determinando i trattamenti per particolari malattie.
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